SIENA – Prosegue la manifestazione, organizzata da Mohsen Sariaslani e dall’associazione Level Five, per ricordare la figura e il lavoro dell’indimenticato Marco Dinoi, docente di Teorie e Tecniche del Linguaggio Cinematografico alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Siena, tragicamente scomparso nel 2008.
Oggi, alle 17.30, al Palazzo San Niccolò (via Roma 56, III piano, aula 356) proiezione del documentario “Appunti per un lessico palestinese”, di Marco Dinoi e Nicola Perugini, introdotta da una presentazione di Giacomo Tagliani, operatore e montatore del film. Venerdì 31 gennaio, invece, alla Corte dei Miracoli di Siena, alle ore 18:00 ci sarà l’inaugurazione della mostra fotografica di Marco Dinoi sulla Palestina. A seguire una cena palestinese e, quindi, la proiezione del documentario di Dimitri Chimenti “Just Play”.
Il film non parla di occupazione; non parla di conflitto; non è neppure un film sulla musica. Questi sono tutti elementi della storia, ma il film parla di qualcosa di diverso. Questo film narra le vicende di un gruppo di uomini, donne e bambini che della musica fanno un mezzo di libertà e di liberazione. Questo film incrocia i loro mondi per rispondere a domande complesse e fondamentali: che senso ha suonare Bizet tra le sbarre di un checkpoint? Perché un’orchestra sfida un esercito? Qual è la posta in gioco? Prosegue, inoltre, presso il negozio di Mohsen Sariaslani in via Pantaneto 128, la mostra fotografica “Ti do i miei occhi”che raccoglie alcuni, meravigliosi scatti dello stesso Marco Dinoi.
Ha scritto a questo proposito il fotografo Stefano Pacini: «Le foto esposte varcano confini, raccontano e si snodano dentro e attraverso la vita stessa, fluiscono negli anni, in un tempo che ricordiamo lungo e che, invece, è stato terribilmente breve per Marco, pur nella sua splendida intensità. Ci raccontano un fotografo attento, sensibile, pronto a osservare lo spettacolo dell’umanità declinato nelle piazze del Mondo, nei modi variegati del gioco degli anziani o dello stupore del bambino, nell’incanto dell’amore o nelle domande inevase della vita. Bianchi e neri senza datazione, che fanno spazio, sul finire del tempo, al colore per continuare a raccontare la Palestina. Marco non invade il campo, ma silenziosamente e con rispetto, fa domande con le sue fotografie. Marco ci pare silenzioso ma sorridente anche quando si trova a pochi palmi dai bambini palestinesi, non cerca immagini ad effetto, prende appunti per i suoi prossimi lavori, non si pone il problema della bellezza formale dello scatto, anche perché sa che in fin dei conti è solo una fotografia e come tale può anche non servire a niente, come può non servire a niente l’amicizia, l’amore, la bellezza. Pur non servendo a niente sono fotografie che hanno dignità propria, che aiutano a vivere e, allo stesso tempo, mostrano legami, mostrano amicizia, mostrano amore, e tanta, tanta bellezza».