Dalla presentazione in copertina: «Questo libro è l’elogio di un valore sommesso e discreto, declinabile in varie maniere: la gentilezza, quella capacità di ascoltare e accogliere le fragilità altrui, che è anche generosità, altruismo, solidarietà, amorevolezza».
Elogio della gentilezza, di Adam Phillips e Barbara Taylor. Un po’ di tempo fa mi fu consigliato da un mio carissimo amico, questo libro. Non lo lessi subito, lo riposi in mezzo alle centinaia di libri nella mia piccola biblioteca personale. Lo dimenticai.
Per caso ieri sera mi è capitato sotto gli occhi; incuriosito incomincio a sfogliarlo, a leggerlo. E mi sono venuti in mente i modi gentili di quel mio caro amico che me lo consigliò.
La gentilezza è oggi un valore sospetto. Ci guardiamo l’un l’altro come cattivi, pericolosi, competitivi, autoreferenziali, spesso identificando nell’altro un potenziale nemico.
La gentilezza, da grande valore che identifica una incredibile forza d’animo, sembra essere diventato un segno distintivo di debolezza e si tende a fuggirla, sfiduciarla, dimenticandosi che è il valore irrinunciabile di una buona vita.
I due autori di questo libro, Adam Phillips e Barbara Taylor, mostrano quando e perché tale fiducia si è dissolta; spiegano poi le conseguenze della mancanza di gentilezza nelle relazioni.
Egoismo, ricerca esclusiva del piacere personale, assoluta mancanza di altruismo e gentilezza nei rapporti interpersonali e sociali, sono le caratteristiche dei nuovi modelli sociali, dal semplice nucleo familiare fino alle società complesse.
Gli Stoici ammettevano l’esistenza dell’amore di sé, ma lo interpretavano in termini non individualistici. Ogni persona, sostenevano, nasce con un attaccamento primario a sé stessa, ma quando raggiunge l’età della ragione rivolge il suo attaccamento agli altri.
Negli ultimi decenni della storia dell’umanità, stiamo assistendo al fatto che, dopo questo istinto di attaccamento, sembra esserci una inversione di tendenza: si diventa un po’ come descrivevano l’umanità gli Epicurei, cioè non come un’unità, ma come un agglomerato di individui, guidati dall’amore di sé e dalla ricerca del piacere personale.
Un comportamento gentile oggi viene dunque guardato con sospetto. Viene subito classificato come moralistico o sentimentale. Non è vissuto come qualcosa che dovrebbe far parte della quotidianità, ma come una storia da copertina, un episodio effimero e degno di nota, o peggio come una mancanza di forza d’animo, di vigore.
L’immagine di chi vive nella gentilezza e con la gentilezza è talmente diventata rara che o è adorata come immagine santa, o malignamente smascherata come ipocrita.
Oggi chi è gentile è visto come un falso, che usa strumentalmente la gentilezza per altri fini.
Allo stesso tempo oggi nulla ci offende di più che una gentilezza non ricevuta. Forse questo avviene perché siamo attratti dalla generosità, ne sentiamo la nostalgia, ma allo stesso tempo la temiamo perché ci rende vulnerabili.
Oggi sembra quasi che si è tutti presi troppo da sé stessi, con le grandi aspirazioni di indipendenza; l’appartenenza reciproca sembra sia temuta e anche taciuta. L’appartenenza reciproca sembra essere diventata il grande tabù delle società. La gentilezza sembra essere diventato un piacere proibito, da tenere nascosto, perchè dimostra la nostra debolezza.
La Gentilezza dovrebbe uscire fuori dalla sfera intima e personale, privata e riacquistare il carattere perduto di Bene pubblico.
Buona Pasqua a tutti.
Mario Scippa