La dichiarazione chiave sul ‘New Management’ risale al 1993 ed è nota in Corea del Sud come la svolta fondativa non solo del miracolo del gruppo Samsung ma dell’intera industria del Paese, che di quell’esperienza fece tesoro. “Cambiate tutto, tranne mogli e figli”, disse Lee Kun-hee ad un evento aziendale a Francoforte, il più delicato fino a quel punto della sua gestione. I
ll presidente di Samsung Electronics è morto oggi a Seul all’età di 78 anni dopo un ricovero ospedaliero durato anni a seguito dell’attacco di cuore che lo colpì nel 2014. Minore di tre fratelli, aveva preso nel 1987 la guida del gruppo fondato da suo padre per l’export di pesce e frutta e che, invece, era diventato già il primo campione industriale sudcoreano, con attività che spaziavano dall’elettronica di consumo all’edilizia e all’industria pesante. Quel giorno in Germania Lee voleva rimarcare l’urgenza e spronare i dirigenti a battere nuove strade per reinventare l’azienda, nota all’epoca per i televisori a basso costo, puntando da visionario sulla tecnologia avanzata per stupire il mondo. Quegli sforzi furono ripagati grazie a duro lavoro e abnegazione: nel 2006 Samsung superò Sony diventando il leader nel mercato globale dei televisori; cinque anni dopo scavalcò Apple, allora il più grande produttore di smartphone. E negli anni a seguire fu la volta di chip e schede di memoria, il vero traino della crescita impetuosa della conglomerata, in un settore dominato dalle corporation americane e giapponesi. “È con grande tristezza che annunciamo la scomparsa di Kun-hee Lee, presidente di Samsung Electronics – ha riferito la società nella nota -.
Lee è morto il 25 ottobre accanto alla sua famiglia, incluso il vicepresidente Jay Y. Lee. E’ stato un vero visionario che ha trasformato Samsung da azienda locale in player innovatore e potenza industriale mondiale e la sua eredità sarà eterna”. Sotto la guida di Lee, Samsung, la più grande conglomerata a conduzione familiare (‘chaebol’) del Paese, ha visto il suo fatturato crescere fino a superare i 200 miliardi di dollari e valere da sola un quinto del Pil della Corea del Sud, nonché il 20% del suo export. Noto per lo stile di vita solitario e per il soprannome di ‘re eremita’, Lee ha allo stesso tempo dovuto fare i conti con scandali finanziari e corruzione per l’oscuro intreccio con la politica, incassando pure due condanne per reati di vario tipo.