La querelle: l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Scalone interno di Palazzo Serra Cassano

NAPOLI – L’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli ha i conti in rosso: «Se continua così, per Natale chiudiamo tutto», ha detto Antonio Gargano, segretario generale dell’Istituto. Quello di cui probabilmente pochi sono a conoscenza, è che i suoi guai finanziari non sono imputabili unicamente ai tagli del governo.
L’IISF viene fondato a Roma nel 1975 da cinque persone, tra cui Gerardo Marotta, attuale presidente e rappresentante legale dell’Istituto. Nel 1983, lo Stato acquisisce Palazzo Serra di Cassano, e l’Istituto passa quindi da Roma a Napoli.
Il palazzo del quartiere San Ferdinando, diventa un importantissimo polo culturale: è sede di numerosi convegni e della Scuola degli Studi Superiori. Sono numerosi, inoltre, gli interventi di personaggi di spicco come Rita Levi-Montalcini e Karl Popper.
Negli anni, inoltre, l’Istituto ha raccolto oltre 300.000 volumi, che costituiscono una biblioteca di enorme valore; questa biblioteca, però,di fatto non è mai esistita. I libri sono stati infatti stipati in 14 appartamenti che costavano alla Fondazione 200.000 euro l’anno, finché i libri non sono stati “sfrattati” per morosità.
Attualmente, infatti, sono sistemati in un capannone di Casoria.
Non c’è dubbio che questa sistemazione, così come quella precedente, non sia degna dei volumi che ospita. Ma di chi sarà la colpa?
Nel ’97-‘98, il sottosegretario ai Beni culturali del governo Prodi,  La Volpe, si occupò dell’Istituto, già da allora in crisi finanziaria. Come dichiarato da egli stesso al CorSera la scorsa settimana, però, non poté nulla a causa delle «difficoltà nel reperire il bilancio dell’Istituto e di un «diffuso disordine amministrativo».
Disordine che, afferma, si sostanziava anche nelle enormi somme spese per l’acquisto di pubblicità sui quotidiani. «Inoltre», continua La Volpe, «giustamente oggi desta scandalo la destinazione della biblioteca dell’Istituto […] mi sono occupato anche del problema […] interessando il direttore della Biblioteca nazionale di Napoli […] ma dopo poche settimane mi telefonò, amareggiato e deluso, perché era stata impossibile un’intesa con l’avv. Marotta. Si trattava di catalogare tutti i libri, per stabilire l’eventuale trasferimento in sedi adeguate. Ma dall’avv. Marotta furono creati incredibili ostacoli».
A questo punto conclude: «L’avv. Marotta ha portato purtroppo alla sconfitta il suo Istituto. Forse si è ancora in tempo per “commissariare” l’Istituto, nominando Marotta presidente onorario e mettendo ordine nei bilanci».
Nel 2001, Bassolino individua nei locali dell’ex-CONI la sede della biblioteca: un progetto che sembra finalmente risolvere i problemi di collocazione dei volumi della Fondazione. Nel 2011 tuttavia, la Regione emana un nuovo decreto, per cui i locali individuati dieci anni prima dalla Giunta Bassolino non saranno più ad uso esclusivo dell’Istituto. Questi dovranno essere utilizzati anche come “base di appoggio” per i libri di nuova pubblicazione e vi sarà l’attivazione di una biblioteca pubblica “a scaffale aperto”.
Questo provvedimento ha maldisposto l’Istituto di Marotta, che in un appello denuncia l’incapacità dei locali di contenere libri diversi dai suoi. Non solo: un articolo de “la Repubblica” riporta le lamentele dell’avvocato secondo cui, con l’accettazione dell’attuale delibera, ci sarebbe una «contaminazione fra sacro e profano».
Non riesce a capacitarsi, infatti, di come la sua raccolta potrebbe finire affianco a volumi come “A tavola con il porco” (un libro di ricette a base di maiale, ndr). Le richieste contenute nell’appello sono due: il ritorno al progetto di Bassolino e un finanziamento stabile all’Istituto.
A quest’appello hanno risposto quelli del “Parlamento delle due Sicilie”, un’associazione che poco ha a simpatia le idee di Marotta. Insieme al “Movimento Neoborbonico”, ha infatti inviato all’IISF la richiesta di rendere pubblici i bilanci dell’Istituto e il catalogo della biblioteca. Inoltre, premono affinché il denaro pubblico venga utilizzato meglio di così: in sostanza, che Marotta accetti la sistemazione prevista senza «dispendiose esclusive».
I nuovi locali, tra l’altro, hanno ancora bisogno di essere  adeguati. I lavori inizieranno presto, ma ci vorranno ancora due anni perché tutto sia pronto.
A questo punto, con le mani nei capelli, non resta che aspettare il prossimo “match” tra Marotta e i rappresentanti della Regione.
Nel frattempo, non si può far altro che chiedersi: perché Marotta non vuole rendere pubblici i bilanci della sua Fondazione? Perché non permette la catalogazione dei suoi volumi? Qual è il problema della nuova delibera? Davvero la Giunta ha calcolato male gli spazi?  Se così non fosse, davvero si vuole che una questione -che sembra solo di principio- causi la perdita di un orgoglio culturale napoletano?

Maurizio Iengo