Al funerale del Cardinal Martini

La navata del Duomo di Milano

Sulle spoglie mortali del Cardinal Martini, Carmo per gli amici intimi e la sorella, per la contrazione dei suoi nomi di battesimo Carlo e Maria, al centro della Navata principale del  Duomo di Milano, per l’intera giornata del  2 settembre 2012, stavano l’Angelo Custode del Cardinale e il Jinn personale dello stesso.
L’Angelo in rappresentanza  dell’azienda Paradiso & Partners, il Jinn per la concorrenza  Islam World. Erano librati a mezz’aria e guardavano dall’alto, logicamente invisibili alle migliaia di cittadini che in fila ordinata rendevano omaggio alla salma.
Stavano fermi vagamente tremuli nella sospesa atmosfera ombrosa della Cattedrale: solo qualche lattante riusciva a vederli e sorrideva loro beato e felice.
E ciò avveniva perché, non ancora entrato nella fase della razionalità totale, si trovava nella inconsapevole freschezza e verità della visione onirica di quella realtà sospesa sulla concretezza materiale.
I due si conoscevano di vista: benché in concorrenza, si rispettavano.
Inoltre, l’Angelo era perfettamente consapevole del fatto che la presenza del Jinn, evidentemente concordata dall’Alto, in uno dei maggiori Templi della Cristianità  era un evento straordinario.
Erano operatori professionisti e ognuno si aspettava dall’altro un comportamento all’altezza della loro mansione e del ruolo che svolgevano, sia rispetto al loro prestigio personale che del defunto ai loro piedi, oltre che del loro rispettivo Mandante e Boss.
L’anima e l’esistenza di Carmo, per loro non aveva misteri; la loro comprensione era senza limiti: la sua grandezza umana e intellettuale splendeva, ai loro occhi, nell’alone che circondava lo stesso cadavere,  come una cometa nel buio.
Dopo una lunga pausa di pensosa e concentrata attesa, in cui i due si erano vicendevolmente, inchinati con rispettoso e leggero fair play, fu l’Angelo che, per dovere di ospitalità, prese per primo la parola.
Il vostro cronista ha cercato di tradurre la loro lingua, che era un roboante,e misterioso vibrare incessante di energia, che scuote gli Universi ; e che viene da una dimensione sconosciuta agli umani, che ci comprende come il Mare infinito e potente che circonda e sovrasta le limitate isole del nostro esistere.
È un dire, il nostro, che rende, per quanto fedelmente, solo l’idea del loro dialogare.
«Un grande se n’è andato …», iniziò, dando vita alle parole, come in un sospiro.
«E dire che manco Papa l’avete fatto …», rispondeva il Messaggero dell’Islàm non senza una punta di polemica, «Avete scelto quel tizio tedesco; che era stato messo lì proprio per contrastarlo: ma dico io,cari Cristiani, è mai possibile che facciate sempre ingannare dalle camarille? Così le chiamate, no?».
L’Angelo, che era un buon diplomatico, decise di non volere entrare in polemica col concorrente: tra l’altro non poteva che dargli ragione; però sapeva anche che c’era più rammarico che polemica per la mancata ascesa al Soglio papale.
Tra loro c’era telepatia, ed era ben difficile nascondersi i veri sentimenti, che risultavano più chiari e squillanti del nostro Sole.
E infatti, il Jinn, dopo un attimo di pausa, in cui il suo sguardo sembrava come perso, forse intento a guardare  le dimensioni dei futuri paralleli possibili che sarebbero potuti  partire da questa elezione, riprese: «Si, sarebbe stato un papa del dialogo, senza incertezze o ingenuità: perché a differenza del tedesco, aveva il senso dell’opportunità, senza essere un opportunista … Mi ricorda la favola de Le Mille e una notte, dove il pescatore ributta in mare il pesce parlante, salvandogli la vita, perché lo riconosce come umano, perdendo, nell’immediato, il certo e lauto guadagno; ma poi il pesce, che  era un Re trasformato da un Collega, ma cattivo,  lo riempirà d’oro … ».
«Si, ma lo stesso pescatore si sentirà solo, perché la ricchezza lo isola dal mondo dei suoi affetti precedenti.», continua l’Angelo approfondendo la citazione del suo collega-competitor , « È inutile sottrarsi o commentare le scelte di questi Umani: esse sono così e basta; se sono liberi , sono liberi di fare tutto, anche di farsi del male».
Dopo queste parole, tra i due cala il silenzio.
Ma è un silenzio non di ostilità, o di estraneità: essi si fanno penetrare dai sentimenti profondi di affetto e di commozione che provengono dalle innumerevoli persone che passano davanti alla salma: l’aria è in vibrazione per l’energia che promana da questo scorrere di umanità accanto al feretro.
Essi la percepiscono  e l’assaporano, avvertono che la tonalità prevalente è di amicizia e di dialogo: una forma sottostante di spiritualità e di amore verso gli altri , che permea tutti, anche quelli che non sono credenti: è un non detto, di cui essi stessi umani non sono del tutto consapevoli.
«Eh, è proprio un mistero il cuore degli Umani …», avvertono quasi all’unisono i due, e si guardano, uniti da questa muta, profonda e, tutto sommato, ammirata consapevolezza.

Francesco “Ciccio” Capozzi