SAN GIORGIO A CREMANO (NAPOLI) – Nell’ambito del Festival Ethnos, la rassegna di musica etnica giunta ormai alla ventesima edizione, che vede protagonisti da giovedì 10 settembre alcuni comuni dell’entroterra vesuviano, lo scorso 20 settembre la splendida Villa Vannucchi ha ospitato l’orchestra italo-greca degli Evì Evan che ha proposto un itinerario di musica tradizionale ellenica, insieme alla preziosa partecipazione di Moni Ovadia.
Non è affatto semplice riassumere il carattere distintivo del rebetiko, musica associata genericamente alla tradizione greca, ma che in verità si afferma soprattutto grazie alla coesistenza di popolazioni greche e turche lungo la penisola balcanica, in seguito alla catastrofe di Smirne del 1922.
È ancora oggi oggetto di discussione il fulcro identitario di questa musica, complessa e semplice al tempo stesso, che viene associata alla Grecia almeno quanto il tango viene associato all’Argentina, o il samba al Brasile.
Lo stile è, soprattutto inizialmente, subordinato alla canzone urbana di Smirne, da cui deriva l’ulteriore denominazione di smyrneiko.
Il rebeta è il flâneur, il vagabondo, musico girovago e curioso, che vive un po’ a margine della società, tradizionalmente associato all’immagine del ribelle, dell’anticonformista. Non a caso, lo strumento tipico, il baglamàs, è stato a lungo censurato in Turchia e in Grecia, in quanto simbolo di tale stile musicale, non compatibile con un clima proibizionista.
I testi di queste canzoni parlano soprattutto di vino, amori illeciti, galera, droga, criminalità.
Si segnala, per chi fosse interessato ad approfondire le origini di questa musica, l’interessante “Indebito” (2012), un documentario diretto da Andrea Segre, e scritto dal musicista Vinicio Capossela, che racconta il rebetiko sullo sfondo di una Grecia moderna, gravata dalla crisi economica.
Gli Evì Evan, band formatasi nel 2007 dall’incontro di artisti greci ed italiani, nel loro ultimo album “’Rebetiki diadromi’ (Itinerario rebetiko) ripropongono non solo la rivisitazione di brani classici della tradizione rebetika, ma accolgono anche una vivace sperimentazione, promuovendo brani originali che mostrano un vivo legame con la musica ellenica, nelle sue diverse radici, che vanno dal popolare hassapiko al canto turco-orientale dell’amanès, fino al taksim, passando attraverso un canto dedicato a Roma, la città che con Atene si può definire il loro quartier generale.
L’esibizione del gruppo è stata accompagnata dalle coreografie di Dimitris Evaggelou, che ha trascinato il pubblico in un coinvolgente hassaposerviko, il “ballo dei macellai”, precursore del più celebre sirtaki.
Il concerto era ad ingresso gratuito ed accessibile fino ad esaurimento posti.
Purtroppo, alcuni momenti di tensione accanto alle transenne poste all’ingresso del piccolo anfiteatro della Villa hanno compromesso per brevi istanti il godimento dell’evento. La scelta dell’organizzazione di proibire a quanti erano rimasti fuori di prendere posto all’interno, nonostante i numerosi posti liberi, è stata accolta con malumori ed accese polemiche. In seguito l’ok della direzione ha reso accessibile l’ingresso … per pochi minuti prima della fine del concerto.
In effetti, considerando il tipo di spettacolo, di musica identitaria e collettiva, “interattivo” grazie al ballo poplare di Dimitris, la scelta di mettere a disposizione dei posti a sedere come se si trattasse di un’opera lirica ha determinato un netto contrasto con la stessa natura partecipativa dell’evento.
Il Festival dell’Etnos terminerà il 27 ottobre 2015, per scaricare il programma completo degli eventi si rinvia qui al sito ufficiale: http://festivalethnos.it/
Francesca Mancini