Una vita svelata

afghan-girl - Copia“My Big Break” è un progetto editoriale della National Public Radio, che raccoglie “storie di trionfi, piccoli e grandi”. Tra i numerosi racconti, quello dell’origine dello scatto “The Afghan Girl”.
Era il dicembre del 1984 quando Steve McCurry, fotografo di National Geographic, era stato inviato al confine Afgano-Pakistano. Durante la guerra scoppiata in Afghanistan migliaia di rifugiati emigravano verso il vicino Pakistan. Senz’acqua corrente, senza elettricità, lontani dalle loro case, i bambini – racconta il fotografo – avevano ancora la forza di ridere. McCurry si trovava in un campo vicino Peshawar, Pakistan. Le risate provenivano da una tenda da cui era stata ricavata una scuola di fortuna di sole ragazze.
Senza poter resistere al magnetismo e al fascino di una tale stranezza, McCurry ha raccontato di aver « … notato una ragazzina con questi occhi incredibili, e ho subito capito che quella era l’unica foto che avrei voluto fare. All’inizio, si è coperta il viso con le mani … », ma la maestra è intervenuta dicendole di scoprirsi il volto così che il mondo l’avrebbe vista e conosciuto la sua storia.
Così l’allora dodicenne Sharbat Gula, ha permesso al fortunato fotografo di catturare la foto-simbolo di quegli anni, ancora oggi una delle più famose copertine di National Geographic.
Tornato in patria a far sviluppare le foto, consegnò all’editor della rivista entrambi gli scatti: il primo con le mani a coprire il viso, il secondo a volto scoperto. Appena vista la seconda, subito l’editor disse: «Questa sarà la nostra prossima copertina!»
Quella foto, per ammissione dello stesso McCurry, gli ha cambiato la vita: è proprio questo lo scatto che l’ha reso famoso in tutto il mondo e per cui molti lo conoscono ancora oggi.
Nel 2002, McCurry è tornato a cercare la ragazza che lo rese tanto celebre: scoprì così il suo nome e la sua storia, oltre a scattarle una foto nella stessa posa di 17 anni prima. Si trovava in quel campo di rifugio perché i suoi genitori erano stati uccisi durante un bombardamento aereo sovietico. Viaggiò per settimane insieme alla nonna e a quattro fratelli in diversi campi di rifugio.

Maurizio Iengo